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ATHENESI – At the Beginning (Autoprodotto – 2022)

Athenesi… premo Play sul lettore e resto schiacciato da una valanga di cattiveria: ma qui siamo ai tempi degli Amorphis prima maniera, del death melodico e, soprattutto del thrash quello storico, tutto frullato in maniera sapiente e devastante!
La mia mascella resta divelta perché formo una “O” gigante dallo stupore quando scopro che sono una band nostrana!
Mio dio, è proprio vero che gli italiani lo fanno meglio.
Da cosa vogliamo partire? Forse dal cantato, brutale ma comprensibile? Marco Espada da applausi!
Dai riff taglienti del chitarrista? Mattia Bonacina, il signor Hammett dovrebbe imparare da te!
E della sezione ritmica formata dai compressori di note Alessandro Ferraro e Matteo Boschini, cosa dobbiamo dire?
Nulla. Un carrarmato schiaccia le ossa con meno potenza.
Penso che solo i Genus Odinis Dei abbiano, in Italia, tirato fuori dal cilindro un disco di esordio così bello e particolare. “At the Beginning” è esattanente quello che mi aspettavo. Metal classico con sciabordate furiose e ritmo serrato. Il buongiorno si vede dal mattino…
“Denial” inizia con un grande richiamo agli Hypocrisy e a quel capolavoro di “The Arrival”, per essere precisi, e poi via di furiosa cavalcata metal con mid tempo e break da urlo.
“Human Project” è assalto sonoro doppio pedalato con angoscia di vivere, condito da riff assassini, qui forse l’influenza degli Amorphis si sente tutta, e, se ve la devo raccontare tutta, meglio delle ultime loro produzioni. Echi lontani anche dei Maiden… si avete capito bene!
“Sentence 666” mi stupisce. Inizio NWOBHM, qui siamo davvero ad alti livelli di metal, amici miei.
“Objection”, “Universal” (che dimostra anche la loro bravura nel rallentare un po’ i ritmi spezzacollo del disco e creare un pezzo molto bello) e “Inhale Insanity” sono anche essi ottimi brani, nulla da dire, però arrivati a questo punto del disco ci vorrebbe qualcosa di un po’ diverso: e infatti giunge “Beyond My Cell”, che mi ha catturato per il livello di bravura chitarristica, riferimenti anche blues in certi echi.
A questo punto diciamo che la mia cervicale aspetta solo il colpo finale, visto che sto facendo headbanging dalla prima traccia… nessuna pietà.
Il disco si chiude con “Zero Gravity”, in cui vi è un vago richiamo ai pezzi strumentali dei Metallica, “Orion” soprattutto. Uno sfumare nel nero e nella quiete necessaria, 40 minuti e 41 secondi di pura bellezza.
Saperli nostrani poi mi fa ancora più piacere: se questo è il loro primo disco lascia ben sperare per il futuro, il loro sound un po’ acerbo in qualche tratto di sicuro migliorerà ancora di più.
Se posso permettermi un consiglio, andate su pezzi un po’ più lenti, siete una vera gioia per le orecchie e il cuore.
Bravi, Bergamo über alles a questo punto, vi seguirò con estremo interesse oltre ad assicurare totale supporto.
Per me… è un 8 pieno!


Voto: 8/10
Antonio Di Lallo

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