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DAMNATION GALLERY – Enter the Fog (Black Tears – 2022)

Adoro John Carpenter: tutti i suoi film per me sono dei capolavori, anche quello più criticato o che ha avuto meno successo… leggo il titolo del disco ed è subito curiosità – dalla redazione sanno i miei punti deboli e infieriscono sulle mie voglie di doom orgiastico. I genovesi Damnation Gallery fanno leva sul filone metafisico dell’horror, poco sangue ma tanto spirito, tanta fumosità sulfurea, tanta nebbia, ed entro ad essa ci prendono per mano portandoci nudi con i brividi sulla pelle nella loro dimensione musicale.
Atmosfere retrò, tonalità che sfiorano il black, la densità calda del doom e una spruzzatina di thrash, che non guasta mai. “Enter The Fog”, racconta di una nebbia contagiosa, musicalmente e mentalmente, nebbia che ti incute terrore ma allo stesso modo ti può eccitare alla visione di quell’abisso fatto di carne, musica, sudore e sesso.
Dopo l’intro “Secrets Kingdom” che rende omaggio a “The Candle” di King Diamond, arriva “Angomarcia” con il suo ritmo mid tempo e cadenzato, per farci tastare il loro terreno nebbioso. “An Istant” è orgia doom, guerra aperta agli spiriti vergini. Oscurità e purezza delle goccioline d’acqua sulla pelle. La voce della vocalist/strega Scarlet è tanto dura quanto calda, ammaliante e sensuale. La successiva “Never say goodbye” è la versione puttana della famosa ballata dei Bon Jovi, piccolo capolavoro di momenti incazzati, dolci e lascivi. Heavy metal classico goticamente eseguito per la seguente “Fog”; “Your Will Shall Be Done” è una delle mie preferite, mi ricorda le note maligne di “Dead Skin Mask” degli Slayer entrando di fatto di diritto nella mia top list del mese. Il trittico successivo sprigiona un calderone black/death melodicamente thrash, con “Old Cemetary”, “Emptiness” e “Numb” che ci portano dentro questa nebbia per farci esplorare tutte quelle emozioni che spazzano via tutte le felicità effimere della vita, in una dimensione al contempo di dolore e piacere ove gli estremi si toccano e godono nel toccarsi, così come si gode per tutti i sei minuti di “Erased”, song finale che chiude il disco talmente bene che è impossibile non ascoltarla almeno quattro volte di fila. Un crescendo lirico e musicale quasi marziale, vicino alla perfezione armonica; spaventosamente e nebbiosamente capolavoro con un finale al piano che mette i brividi rimandandoci alla famosa “Who want to live forever” dei Queen. Semplicemente sublime… Album bellissimo che ha nella calda oscurità musicale la capacità di avvolgere l’ascoltatore come la nebbia di Carpenter e ucciderci di piacere coccolando la tua anima, nebbiosa o solare che sia.


Voto: 8/10
Daniele Mugnai

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8.0

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