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INFECTION CODE – Culto (Nadir Music – 2025)

Parlare degli Infection Code ormai equivale a parlare di una band quasi storica del panorama italiano. Nati ad Alessandria nel 1999 per volere del cantante Gabriele Oltracqua e del batterista Riky Porzio, la band ha attraversato quasi tre decadi proponendo sempre un industrial metal che nel tempo ha assunto sempre di più i connotati di un thrash/death marziale e melodico, con influenze sperimentali e progressive che rimandano ai maestri Voivod, soprattutto quelli dei primi tempi. Ma dentro questo album ci sono molti elementi death e black.
“Culto”, decimo album della band, non fa che confermare questa tendenza, andando ad indurire maggiormente il suono ancora una volta e proponendo dieci canzoni che sono un pugno nello stomaco, e questo anche per merito di una produzione davvero ottima, potente e grezza al tempo stesso. A parte alcuni episodi che rimandano alle sperimentazioni di cui accennavo, come possiamo trovarne in “Faceless God”, ad esempio, la band nelle restanti tracce si getta a capofitto in una pasta sonora piuttosto plumbea, dai toni pessimistici e apocalittici. Si scorge la rabbia, la brutalità, la disillusione fra questi solchi, e tutto è architettato con grande maestria. Parti veloci ce ne sono a bizzeffe, ma forse la band è proprio quando piazza la parte più pesante che fa più male, come succede ad esempio in “Veleno” e “Plague Daemon”.
Da porre all’attenzione infine il brano “Dead Brain’s Oblivion”, unico esempio dove la band rallenta e si getta in una proposta ipnotica e quasi rituale, con un mix di parti di chitarra acustica e voci allucinate. Una ballad davvero atipica!
Disco consigliato, soprattutto per chi ha una mentalità ancora “underground”, quindi poco avvezza al metal più mainstream.

Voto: 7/10
Joker

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