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GABRIELE BELLINI – Motus (Quarock Records – 2023)

Definizione di Guitar hero: “L’espressione guitar hero (in inglese “eroe della chitarra”), o guitar virtuoso, entrò in uso negli anni ottanta per riferirsi ai virtuosi della chitarra elettrica soprattutto in stile hard rock e heavy metal…”. Il mondo di Gabriele Bellini si riassume in questo disco come la tela di un pittore su cui lui dipinge suoni e colori passando dall’hard rock puro, al metal, alla psichedelia più pura e uno spruzzo di contaminazioni moderne. La melodia che esce dalla sua chitarra è tanto nuda quanto sofisticata, una contraddizione in termini nel senso positivo del termine. “Sapere ascoltare è il moto perpetuo che fa girare il mondo” dice il buon Gabriele. Tecnicamente siamo a un livello altissimo: un Satriani italiano che fonde feeling e tecnica a servizio del gusto e del godimento chimico/sinaptico nel cervello.
“Veritas Filia Temporis”, la prima canzone di questo ottimo lavoro, inizia con un tocco vellutato per poi elevarsi un una rock song dai toni epicamente metal grazie ad un assolo vibrante e ben piazzato. Il bello di “Inverso” è quell’ipnotico senso anni 90 italiano alternative, con neanche troppo velati omaggi a Tom Morello. La strumentale “Metaverse” mi ricorda il Satriani più cyber. Eccola la prima pennellata sulla tela dello spartito musicale: “Afterall” ci porta nell’universo del flamenco jazzato facendoci assaporare danze sensuali e occhi luminosi. “Resilient” ha un suo humus grunge alla Pearl Jam, e non starebbe male nella tracklist di “Ten”. Bella metallosa risulta “V.O.R. (Voice of Rebellion)” ancora con al sapore satrianesco, cattiva quanto basta per aizzare i kids ai concerti. La voce di Lorenzo Masi (performance totale da urlo) in “Rockdown” ci porta ancora una volta nei territori di Marlene Kuntz e Negrita più duri, splendida nel suo dipanarsi con un assolo breve ma efficace. “Air On The G String” brano strumentale super coverizzato (Vinnie Moore, Malmsteen, ecc.) del maestro J. S. Bach emoziona ancora e sempre più per l’originalità che Gabriele Bellini riesce ad infondere nel brano… eh sì, mi ricorda gli arrangiamenti di Lanny Cordola nel suo meraviglioso album “Electric Warrior, Acoustic Saint”. Purtroppo la canzone “Element” con il suo cantato rap e arrangiamento ipermodernista non mi riesce ad emozionare, ma forse è colpa mia essendo troppo evergreen…o boomer. O fai capolavori tipo “Walk this way”, “Epic”, “Bring the noise” e pochi altri (vabbè Beastie Boys a parte), oppure non riesco a immedesimarmi in quel tipo di condizione musicale, ma è un problema mio. E meno male che arriva “Only One Planet?” con ritmi sincopati con arrangiamenti che sanno di universo, che profumano di libertà. La finale “The Whole” con alla voce Mr. Jack ha ancora richiami grunge psichedelici anni 90 con quel sapore intellettuale ancora una volta alla Pearl Jam, splendida e negli USA potrebbe fare il botto, ma come ben sappiamo l’Italia musicale all’estero è solo Modugno, Al Bano, mandolino, Pausini e Ramazzotti, purtroppo (senza dimenticare i Maneskin… Morello docet, NdR). L’assolo deve ancora al Morello più ispirato ma che Gabriele rende suo con tecnica e cuore. Chitarrista di livello mondiale secondo me, album quasi perfetto, emozioni e ricerca degli angoli cosmici del suono. Originale, prodotto benissimo, potenzialità infinite, emozionale quanto un film di Kubrick, proletario quanto Kean Loach, dinamo ed esplosivo alla Tony Scott, nello stesso tempo difficile da capire se si crede alla “Italodisco”…

Voto: 8,5/10
Daniele Mugnai

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www.gabrielebellini.it

Valutazione

8.5

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