
Tempo fa, un bel po’ di tempo fa, si discuteva tra amici del concetto di “rispettabilità” in musica. Ecco, per me uno come Riccardo Prencipe merita rispetto, sic et simpliciter. Mi rendo conto che l’espressione possa risultare pesante da più punti di vista, ma non ne conosco altre, in una lingua viva e per quanto possibile scevra di dietrologie, per descrivere un artigiano della ricerca musicale come lui. Non è solo perché il Nostro ha strizzato l’occhio al suo passato da headbanger con una versione di “Hammer Smashed Face” condivisa negli anni più bui del presente decennio, o per il blasonato passato nel medieval/folk che lo vede da tempo impegnato nei meandri più oscuri e meno vicino al facile impatto nei confronti di un pubblico sempre meno attento e sempre più fagocitante.
SI tratta qui della qualità costante delle uscite discografiche, che vede questo “Cries and Whispers” seguire senza cadute di stile quello che è probabilmente il capolavoro delle Corde Oblique, “The Moon is a Dry Bone”, pubblicato ben 5 anni fa e che a sua volta è riuscito a superare quello che ho da subito ritenuto una piccola gemma, “I maestri del colore”, il disco con cui ho conosciuto il progetto partenopeo e che mi ha convinto a seguirli da vicino nonostante l’apparente lontananza dai miei ascolti abituali.
Ecco dunque che questo “Cries and Whispers” tiene assolutamente fede alle parole che lo accompagnano, poiché dedica una manciata di episodi a un approccio più muscolare e indiscutibilmente heavy, facendolo attraverso le proprie originalissime griglie di lettura della tavolozza sonora. Siamo già oltre le spigolosità post/rock che avevamo sperimentato con la title track del lavoro precedente: qui ci pensano gli accordi sofferti e le ritmiche incalzanti dell’opener “The Nightingale and the Rose”, la danza stregonesca e un po’ celtica di “John Ruskin” nonché le atmosfere “anathemiche” che richiamano i decenni d’oro dell’extreme metal della clamorosa “A Step to Lose the Balance” a mettere le cose in chiaro. O “in scuro”, data l’arricchita gamma sonora di un gruppo già traboccante di suo come le Corde Oblique.
Per il resto, ci pensano le atmosfere ancestrali di “Eleusa Consumpta” e gli arpeggi di chitarra del Maestro su “Tango di Gaeta” e su “The Selfish Giant” a riportare l’album sulle coordinate di etnofolk già note agli aficionados: indiscutibilmente mediterranee, con “The Selfish Giant” che sembra proprio il contraltare meridiano alla ricerca sonora albionica, vicino com’è a certe soluzioni proposte dai Blackmore’s Night nel corso del tempo, pur con presupposti di partenza geograficamente distanti.
Di particolare interesse la scelta di includere una propria versione di “Souvenirs d’un autre monde”, vero e proprio classico (quasi) contemporaneo degli Alcest, nonché la conclusione affidata a una delle “Gnossienne” di Satie, che nel suo incedere sghembo qui accentuato dalla trascrizione per chitarra appare come la perfetta colonna sonora di un episodio perduto di Montalbano, tanto per usare una metafora nazional/popolare, per una volta.
In conclusione, “Cries and Whispers” delle Corde Oblique è un disco ricco come una cornucopia e multiforme come un diamante sfaccettato: cosa chiedere di più alla compagine guidata da Prencipe, se non la piena coerenza e aderenza alla propria ricerca musicale e spirituale?
Voto: 9/10
Francesco Faniello
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