
Ma quanto sono belli gli split? Le collaborazioni, le interazioni, siano esse musicali che letterali che artistiche. Bottomless e Witching Altar esplorano l’universo del doom come la barca del “Il vecchio e il mare” esplora l’infinito oceano a caccia (per la propria sopravvivenza) del tonno più grande, mentre i nostri due gruppi vanno a caccia di suoni ed emozioni pronti ad insinuarsi nelle nostre sinapsi.
I Bottomless mi ricordano molto gli insuperabili Trouble con i loro riff affilati ma pesantissimi di scuola NWOBHM e sin dall’apertura di “Burning of the Vampire” si entra nelle atmosfere sulfuree occulte alla “Suspiria” del maestro Dario Argento. La successiva “Lightning In The Realms Of Death” è più “alla portata di tutti” con il suo riff nervoso ma molto orecchiabile mentre “Shadows Call” mi sembra una jam session rock metal doom. Tre canzoni, tre gemme nello stratificato universo del doom.
I Witching Altar hanno un reflusso più lento, più sanguineo e quasi grumoso con una voce a volte impastata e un po’ monocorde. Le canzoni ripeto sono molto anni ‘80 alla St. Vitus o Master of Reality (no, non parlo dei Black Sabbath), carnose e dure e con quel senso di oppressione e fumosità dei fuochi fatui.
“The Sadness” e “Silence At The Cross” sono ottime songs, determinate a funzionare come satelliti nel sistema solare dei grandi doom master del metal.
Voto: 8/10
Daniele Mugnai
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