Nati nel 2017 tra i banchi di scuola di un liceo fiorentino, gli Agape sono Alice, Elia, Gabriele, Alessia e Filippo. In inglese “Agape” significa “rimanere a bocca aperta”, ma in realtà è la combinazione delle iniziale dei loro nomi (Filippo = Pippo). Le sonorità proposte dalla giovanissima band toscana sono l’insieme dei loro background musicali, un sound che abbracci chitarre pesanti accompagnate da testi con temi introspettivi (e la voce dolce/ruvida di Alice). “Mind Pollution” nasce con sonorità e testi che ben riflettono il disagio di una mente dall’immaginazione fervida (e viva), che a tratti sfiora la follia. Un album carico di Riff, un sound che abbraccia l’hard rock e che viene accompagnato da un copertina davvero molto interessante e ben fatta – e come non citare Jacopo Meille (Tygers of Pan Tang) che ha sostenuto la band nella scrittura del disco? La formula degli Agape presenta un sound di altri tempi, fra i ’60 e i ’70, con però una produzione moderna (forse unica pecca, poiché smorza quell’effetto retrò). Il disco inizia con “The Spark” e si parte con la magia del rock old school… e brano dopo brano si respira quell’aria di “vintage”, arrivando a “Self Confidence” (il 5° brano del disco) che è un vero inno all’hard rock, oltre a essere uno degli episodi migliori. Possiamo considerarli i Greta Van Fleet o i Rival Sons italiani? Beh, forse è troppo presto, ma la strada è quella giusta – sicuramente qualche miglioria va fatta, ma bisogna osservare la banda anche dal vivo, per catturarne l’essenza e l’energia. Un disco che scorre tranquillamente, pur non esaltando tantissimo; come primo lavoro però va bene, anzi… va benissimo, ragazzi/e!
Voto: 6,5/10
Giovanni Clemente
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