Chi ha detto che gli assenti hanno sempre ragione non sapeva quello che diceva. La dimostrazione si è avuta a Castel Volturno. La due giorni di metal e relax è stata contraddistinta dalla scarsa affluenza di pubblico (nella seconda giornata le cose sono migliorate notevolmente, ma non si è avuto il “pienone”). Un vero peccato visto l’elevato livello qualitativo delle band che si sono avvicendate sul palco. Se poi si considerano gli extra offerti: laghi e piscina… la cosa diventa ancora meno chiara.

20/07/2007
Tocca ai padroni di casa Enoch aprire le “danze”. Il compito non è dei più facili visto il caldo asfissiante e lo scarso pubblico. La band casertana nella ventina di minuti a propria disposizione ha dato in pasto al pubblico un canonico black sinfonico.
Altro giro altra band: Savior from Anger, progetto parallelo di Marco Ruggiero, chitarrista dei Marshall. Meno progressivi della band madre, ma con sonorità power di stampo americano (non a caso il nome della band è il titolo d’un pezzo dei Vicius Rumors). Anche loro pagano lo scotto della scarsa affluenza di pubblico.
Dal power metal dei S.f.A. si è passati ai thrashers ternani S.R.L. che hanno presentato alcuni brani della loro ultima fatica, fresca di stampa, Mutatio & Mestizia.
Dal punto di vista dell’audience le cose non migliorano neanche durante la performance dei progster romani Kingcrow.
Caldo e “concorrenza” di piscina e lago hanno influito notevolmente sulla riuscita dei concerti del quartetto di gruppi iniziali.
Le cose iniziano ad andare meglio quando salgono sul palco i Coram Lethe, infatti per la prima volta sotto il palco assistiamo alle canoniche scene di headbanging. Avevo avuto modo di ascoltare il gruppo al Gods e ne ero rimasto favorevolmente impressionato, a Caserta il mio giudizio non è cambiato: ottimo gruppo. Su tutti la cantante, Erica Puddu (ma che voce ha?), che inizialmente può apparire un elemento folcloristico, ma che alla lunga è la carta vincente del gruppo.
A dimostrazione dell’eterogeneità del bill del festival, con i Valiance aumenta la dose di melodia. Restiamo in attesa del loro, ormai prossimo, terzo album.
Se il sole non accenna a scendere ci pensano i Frostmoon Eclipse a portare l’oscurità. Black metal tradizionalista e di impatto il loro. In chiusura una trasfigurata “Black Sabbath” ci ricorda come è iniziato tutto.
E’ il turno dei Rain. Metal ottantiano, con sane dosi di hard rock, è il piatto che è stato offerto al pubblico, sempre più numeroso e attento. Brani nuovi e vecchi sono susseguiti in modo gradevole.
Con gli Infernal Poetry la musica cambia. Si fa sul serio. I marchigiani, prima volta dal vivo per me, mi hanno sorpreso favorevolmente. Prestazione adrenalinica che ha “costretto” il pubblico a pogare. Il concerto di Castel Volturno è servito per far conoscere ai fan i brani contenuti nel nuovo Ep, Nervous System Checking, e il pubblico ha gradito. Non sono mancati i classici estratti da Beholding The Unpure e neanche la “solita” cover di “Fear of the Dark”. Promossi a pieni voti.
Le note di “Ave Satani” introducono gli indiscussi padroni della giornata (o della due giorni?): i Death SS. Per i detrattori sono il gruppo più pacchiano del mondo, ma per i fan ogni loro show non è mai banale. Lo spettacolo inizia con “Give ‘em Hell”e il pubblico reagisce bene, ma quando partono le note di “Baphomet” è delirio. “Horrible Eyes” conferma la preferenza del pubblico per i pezzi più datati. Non sfigura neanche “Let Sabbath Begin”. La teatralità e l’avvicendarsi di comparse sul palco sono le caratteristiche peculiari di ogni spettacolo della band di Steve Sylvestesr, e così durante le note di “Der Golem” appare sul palco la creatura di Rabbi Judah Loew. “Transylvania”, “Where have you gone”, “Hi-tech Jesus” e “Scarlet Woman” si suggueno a ritmo incalzante con apparizioni sporadiche della “perfomer” Dalida. “Satan is a Good friend of mine” mette in evidenza la pochezza del nuovo repertorio, ma fortunatamente ci pensa “Panic” a rialzare il livello qualitativo. Ormai è tempo di bis, “Vampire” con la consueta pantomima suora\vampiro e “Heavy Demons” ci augurano la cattiva notte.
21/07/2007
Con indosso il costume da bagno borchiato ci apprestiamo a vivere la seconda giornata di festival. Ci presentiamo puntuali alle dodici all’ingresso, ma nonostante i “privilegi” per gli appartenenti alla stampa anche il vostro cronista ha dovuto attendere circa un ora e mezza che aprissero i cancelli. Aperte le porte i primi volenterosi hanno potuto godere della parte vacanziera del festival: ristorante sul lago e piscina sono stati presi d’assalto.
Mentre ero intento a sfoggiare il fisico a bordo vasca alle miei orecchie giungevano le prime note suonate dai Winter of Life, così con sommo dispiacere delle ragazze presenti all’evento ho dovuto indossare la mia maglietta e mettermi a lavoro. E’ un lavoro duro, ma qualcuno dovrà pur farlo!
I W.o.L. hanno proposto sonorità molto vicine a quelle dei Tool ma hanno dovuto pagare la tradizionale indifferenza che spetta ai gruppi d’apertura. Così va la vita…
Quando salgono i Sothis sul palco le cose non vanno molto meglio dal punto di vista dell’audience; e dire che il loro tharsh “muscolare” è molto gradevole.
I Grimness hanno proposto un black influenzato da band quali Satyricon e Dissenction. Il risultato è buono, peccato che la luce del sole non favorisca questo tipo di sonorità.
Gli Illogicist ci portano in altri “lidi” estremi. La loro è una miscela death ipertecnica (Atheist\Pestilence) spacca ossa. Peccato che sotto il palco le ossa fossero pochine…
Con i Reckless Tide la quantità di carne umana sotto il palco aumenta. Il thrash vecchia scuola, caratterizzato dalla doppia voce maschile, della band ha riscosso ampio successo (sono stati uno dei gruppi che nell’after-show ha richiamato più ragazzi per foto e autografi). Il set è durato pochino, solo una mezza dozzina di pezzi, tratti dai due album pubblicati sin ora.
Aspettavo i Novembre con trepidazione: li seguo sin dal loro primo album ma non avevo mai avuto la possibilità di poter assistere a un loro show. Con mio sommo dispiacere devo ammettere che la loro prova è stata la più deludente tra quelle dei big. Probabilmente soffrono la dimensione live, probabilmente il suono non era dei migliori… Oltre all’esecuzione di pezzi quali “Nostalgiaplatz”, “Come Pierrot” e “Aquemarine”, abbiamo potuto assistere alla presentazione d’un nuovo pezzo, ancora senza titolo, che entrerà nel prossimo album.
Dopo un estenuante soundcheck salgano sul palco gli stacanovisti del metal Vader. La band polacca è una macchina da guerra perfetta, e il pubblico ha risposto pogando a non più non posso. Il gruppo ha attinto brani qua e là dalla propria sterminata discografia.
Esigenze “aeree” hanno causato un cambio nella scaletta. La chiusura del festival è passata agli Anathema, e così sul palco si sono presentati i Destruction. La storia del metal passa da qua. Subito dopo l’intro (ce ne saranno altri due per dare un po’ di respiro al pubblico), i tre macellai pazzi hanno iniziato la loro mattanza sonora:“Nailed To The Cross”, “Mad Butcher”, “Life without Sense” sono solo alcune delle canzoni proposte. La chiusura poi è lasciata “Bestial Invasion” e “The Butcher Strikes Back”. Marcel “Schmier” Schirmer si è rivelato un grande intrattenitore (esilarante il siparietto tra il mastodontico cantante e un ragazzo polacco disposto a pagare pur di scegliere un brano).
Se i Destruction rappresentano il metallaro classico (brutto, sporco e cattivo) gli Anathema rappresentano l’altra faccia della medaglia. Vincent Cavanagh si presenta con un vestito bianco e senza scarpe. L’abito non farà il monaco, ma i gusti musicali… sì. Le sonorità eteree della band inglese conducono i presenti in un mondo fatto di romantica disperazione. Classici e meno classici: “Shroud of False”, “Fragile Dreams”, “Empty”, “Lost Control”, “Deep”, “Balance” più un’anticipazione dal prossimo album: “Angels Walk Among Us”. Così com’è accaduto al Gods of Metal la chiusura tocca alla pinkfloydiana “Confortably Numb”. Sarà stato il numero relativamente ridotto di pubblico, sarà stato il buio, sarà stata la cornice bucolica, ma l’emozioni provate durante il concerto dei fratelli Cavenagh sono indescrivibili (anche un po’ di noia ha fatto capolino durante l’ascolto dei pezzi più recenti), e così il pubblico ha preteso il bis.
Che dire in conclusione? Che gli assenti non hanno sempre ragione, ma questo lo avevamo già detto, no?
G.F. Cassatella