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Raw & Wild: le nostre classifiche del 2022!

Quando si dice “squadra al completo” si intende proprio “squadra al completo”! Le nostre penne, giunte indenni allo scoccare della mezzanotte che ha dato inizio al 2023, si sono impegnate per noi per l’annuale classifica dei dischi da salvare, da isola deserta o semplicemente da heavy rotation di questo 2022 appena trascorso… qualche dato? L’underground la fa da padrona, sia con nomi nuovi (tutti da scoprire, se non lo avete ancora fatto), sia con nomi storici ma sempre validissimi, che fanno breccia oggi ancor più che allora nei cuori degli aficionados. Lo abbiamo sempre detto: il futuro del metal è nelle cantine, nei bassifondi, lì dove tutto è nato e imperituro sopravvive… ma bando alle ciance e via con i nomi, con qualche commento dei nostri, di quelli che amerete all’istante!

Giovanni Clemente

Jours Pâles – “Tensions”;
Messa – “Close”;
Spaceman Sir. – “Aftermath”;
Voivod – “Synchro Anarchy”;
White Ward – “False Light”;

Francesco Faniello

Avatarium – “Death, Where is Your Sting”;
Megadeth – “The Sick, the Dying… and the Dead!”;
Messa – “Close”;
Saxon – “Carpe Diem”;
Voivod – “Synchro Anarchy”;

Un po’ una classifica internazionale in tutti i sensi: oltre al classico strapotere angloamericano (Saxon solenni e rocciosi come pochi della loro generazione, Megadeth da tempo i più interessanti in studio dei Big 4, al netto del decisionismo impopolare di MegaDave) c’è spazio per l’ultimo degli imprescindibili svedesi Avatarium (a cui va accostato il delizioso “Impera” dei Ghost), nonché per la “quota canadese” rappresentata magistralmente dai maestri Voivod e dal loro grande ritorno dopo l’eccelso “The Wake”. Soprattutto, a far bella mostra di sé è “Close” dei Messa, terzo capitolo discografico della band italiana nonché capolavoro assoluto da gustare nota per nota, ma le sorprese di casa nostra non finiscono qui, tra l’ultimo dei Tenebra che li conferma come solida realtà retro rock (per non parlare della dimensione live!), l’ultimo, evocativo disco dei Cadaveria e “Helish Mechanism” di Enio Nicolini and the Otron, secondo capitolo della trilogia dell’avanguardista bassista degli Unreal Terror, con alla voce proprio lo storico cantante Luciano Palermi!

Joker

Meshuggah – “Immutable”: a molti non ha soddisfatto, per me è il loro migliore da Nothing e mi riporta direttamente a quell’album per certi versi;
Trauma – “Awakening”: uno dei migliori album thrash degli ultimi anni con influssi speed e power. Molto meglio dei vari Exodus e Megadeth
Deathhammer – “Electric Warfare”: classicissimo speed-thrash metal molto debitore degli anni ’80 e sembra davvero di rivivere tutti i clichè di quegli anni. Derivativi ma piacevolissimi!
Saxon – “Carpe Diem”: una prova di forza e di come si possa invecchiare bene essendo ispirati ed al passo coi tempi. Tra le vecchie glorie, tra quelli che stanno invecchiando meglio assieme a Judas Priest, Uriah Heep. La stessa cosa non la posso dire per Iron Maiden e Metallica
Voivod – “Synchro Anarchy”: ennesima dimostrazione di intelligenza e avanguardia. Un passo, se non due, avanti a tutti. Dimostrazione di come a quasi sessanta anni si abbia ancora voglia di sperimentare e offrire qualcosa di nuovo!

A corollario, direi che è stato un anno non trascendentale come uscite discografiche ma comunque ricco di ottima musica e poi l’underground, soprattutto italiano, mi ha dato tanti album validi: Gli Alberi, Silence is Spoken, White Skull, The Great Divide, e Twisted tra i nomi più validi. Il metal gode di ottima salute, basta cercare e non accontentarsi dei soliti nomi. Direi che si deve sempre essere alla ricerca, qualcosa di buono anche tra i giovani sicuramente c’è.

Daniele Mugnai

Keith Jarret – “Bordeaux concert 2016”: edito quest’anno, non c’entra con il metal? Sì eccome, il metal è energia sia violenta sia rabbiosa sia tra i tasti d’avorio.
Messa – “Close”: la perfezione assoluta per questo disco che tocca le corde dell’anima e ti solfeggia brividi dell’inferno.
Meshuggah – “Immutable”: innamorato del sound, della freddezza, della perfezione della loro percezione di alienibilità, sì… musicalmente sono degli alieni!
Tenebra – “Moongazer”: farebbero eccitare anche il monaco più vergine del film “Il nome della rosa”. La loro alchemica musicalità è sensualità di note che stimolano i multi-universi della libido.
Steve Vai – “Inviolate”: e inviolata rimane la mia adorazione totale per Steve, fin dai tempi dell’inarrivabile Frank Zappa. A dispetto del suo compare (Joe Satriani, bruttina la sua ultima fatica, ma adoro anche lui) sforna un album più che eccellente, fantasioso tecnicamente che visivamente. Solo purezza dalla sua chitarra.

e infine… Pink Floyd – “Meddle”: sempre e comunque il miglior album dell’anno!

Francesco Rinaldi

Deathhammer – “Electric Warfare”;
Immolation – “Acts of God”;
Saxon – “Carpe Diem”;
Thy Catafalque – “Mezolit – Live at Fekete Zaj”;
Voivod – “Synchro Anarchy”;

Stefano Sofia

Saxon – “Carpe Diem”: negli ultimi 20 anni, ascoltare ogni nuovo album dei Saxon è come mangiare le lasagne della nonna… si gode! E questo non fa certo eccezione.
Ozzy Osbourne – “Patient Number 9”: grandissima riconferma dopo l’ottimo “Ordinary Man”, freschezza e potenza condita dall’esperienza del Madman.
Candlemass – “Sweet evil sun”: il perfetto incrocio tra il doom e il metal classico ottantiano, grandioso!
Megadeth – “The Sick, the Dying… and the Dead!”: classe allo stato puro, quando Dave è in forma non ce n’è per nessuno, soprattutto per qualche vecchio “compagno” con il portafogli più gonfio.
Destruction – “Diabolical”: quel tocco di melodia in più senza perdere perdere la loro cattiveria, e soprattutto armonie più curate, rendono quasi sorprendente questo disco… il migliore dai tempi di “Day of Reckoning”? Probabilmente sì!

… ultime citazioni per la band/progetto rivelazione dell’anno, i Friends of Hell, che hanno dato vita ad uno dei più belli ed affascinanti album doom degli ultimi anni. Altamente consigliati.

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