“Sin Easter” dei Demoghilas è sicuramente uno di quei lavori che si può definire “senza compromessi”, in cui comunque è l’oscurità a farla da padrona. Naturale che il nostro Joker abbia voluto approfondire il tutto intercettando il mastermind del progetto, Alfred “Venom” Zilla…
Ciao Alfred e benvenuto su Raw and Wild. Quali sono stati i cambiamenti più sostanziali tra il precedente album e questo nuovo “Sin Easter”?
Ciao a tutti, grazie dell’accoglienza! Ci sono stati molti cambiamenti tra questo nuovo album e i precedenti. Non parlo solo dello stile, che cerco di variare di album in album, magari passando dall’Industrial Doom al Death Melodico, ma anche di ciò che è avvenuto dentro e fuori di me che ha contribuito a questa storia: l’abbandono, la depressione, la solitudine, così come la rinascita, il ricongiungimento, il riscatto. Musicalmente parlando ho cercato di sperimentare delle strade che ancora non avevo tentato: le chitarre hanno un plugin dei Children of Bodom (anche se avrei preferito quello degli Arch Enemy) e sono suonate in una sorta di tremolo picking su una sola corda, un pò come in certi pezzi dei Rammstein o di qualche gruppo Melodic Death/Black, uno stile che ho cercato di omaggiare anche con la doppia cassa. Sempre con le chitarre, quelle a sinistra hanno ottave più alte e quelle a destra più gravi, come una chitarra a 7 corde che ho ripreso a suonare. Il basso, a differenza dei precedenti lavori in cui seguiva solo la chitarra, accompagna invece la batteria per dare quel senso di Groove, appunto per sentirsi distintamente. E poi altri esperimenti: chitarre classiche, un walzer, dei canti lirici, anche un pezzo acustico. E tre voci, una tecnica che ho soprannominato Ghidorah (il drago a tre teste nemico di Godzilla): due voci robotiche per dare quel senso di Industrial, una acuta a sinistra e una bassa a destra, e un growl al centro. Lo reputo un lavoro studiato, complesso, pianificato come un puzzle. Non mi va che venga definito un lavoro ambizioso, è un termine troppo negativo e presuntuoso che non mi piace, forse perché mi ricorda la gente che mi ha fatto questo.
Dove è stato registrato “Sin Easter” e da chi è stato prodotto?
A differenza dei lavori precedenti, soprattutto del primo album “Vengeance on all!” (che è il mio preferito ad oggi, seguito solo da quest’ultimo) ho fatto tutto da solo, registrazione in casa mia con la mia attrezzatura, post-produzione, mix e mastering. Prima mi aveva aiutato Pierpaolo Lucchesi (Traum Jesters, Mayfair FM e recentemente Anubi From Space, ascolti straconsigliati!) presso i Soundawake Studios, in cui ho assistito alla nascita dei brani e anche alla registrazione di uno di essi, “Cruel Jaws”; ora, per motivi prettamente economici, ma anche per mettere alla prova quanto imparato nel corso di questi anni, ho deciso di lavorare in proprio, anche per dare quel senso di Underground e di lievemente grezzo, come segno distintivo del mio progetto. Sono contento di quanto ho fatto, ho dato il massimo, e sono d’accordo con chi mi ha detto che posso ancora migliorare.
“Sin Easter” è un concept album? Vogliamo parlare delle liriche?
Non esattamente un concept, ma c’è un filo rosso tra i pezzi: i peccati capitali. La storia è questa: è scoppiato il Coronavirus, un tizio viene abbandonato da chi pensava fosse la sua roccia e si ritrova in balia di sé stesso e dei suoi demoni, ma con solo due scelte: morire o rinascere. I peccati non sono descritti come i cattivi, ma come la causa del mondo e del sistema che gioca a creare nuovi mostri di Frankenstein e poi cerca di disfarsene. Insomma, dei mostri tragici che vengono definiti maligni solo dalla Chiesa, dallo stato, da tutto il buonismo dell’opinione pubblica, anche quando vengono «provati», piuttosto che commessi, per delle giuste cause. Ho impiegato così tanto tempo a scrivere quei testi che pensavo non ce l’avrei fatta, ero disperato e cercavo disperatamente una speranza. Ripensandoci, avrei pensato di mettere in ognuno di loro un riferimento al Nulla, all’accidia, per dire che tutti questi affanni sono inutili davanti all’inevitabile. Ma ho dato voce a tutto ciò che sentivo allora, e non mi pento: rabbia, tristezza, rammarico, nichilismo, ma anche quel riscatto che il senso di sopravvivenza di da… ho realizzato questo album perché allora non avevo niente da perdere e tutto da esternare, e per capire che c’è ancora qualcosa in cui valga la pena credere, anche tramite questi vizi capitali.
Quali sono le tue principali influenze musicali e che peso hanno sul tuo modo di comporre musica?
Ora più di prima devo tutto ai Rammstein, c’è un pò della loro influenza in ogni mio pezzo anche se potrebbe non sentirsi. Li ascolto da quando avevo diciotto anni ed è grazie al loro ultimo concerto che sono uscito da quel tunnel di miseria e ho conosciuto una persona a cui voglio molto bene e che mi da forza e coraggio. Le chitarre del primo album le registrai proprio con il loro plugin Rammfire, un suono favoloso, e anche Till Lindemann mi è da esempio come cantante, sebbene la mia voce non sia decisamente avvicinabile alla sua, piuttosto che ad altri miei artisti preferiti come James Hetfield dei Metallica, Johan Hegg degli Amon Amarth, Billy Idol o Alice Cooper, su quei toni più graffianti e ruggenti. Tony Iommi dei Black Sabbath e Michael Amott degli Arch Enemy sono i chitarristi a me più vicini, per le tonalità e i riff diversi tra di loro. Ma anche Lemmy dei Motorhead, con quella sua voce e quel suo modo di suonare il basso, distorcendolo anche… Però ci sono anche i Maestri delle colonne sonore anche dei videogiochi: i film di Dario Argento e i giochi di Final Fantasy, parliamo di musiche che mi hanno cresciuto e che, Metal o non Metal, hanno contribuito anche loro alla nascita dei Demoghilas.
Per caso stai già pensando ad un nuovo album? E quale credi potrebbe essere l’evoluzione della tua musica?
A ben due album! Uno è una revisione di «Gallows Hood», previsto per la prossima primavera. All’epoca avevo composto in un pessimo stato d’animo ed è uscito qualcosa che non mi rappresenta, non oggi almeno. E poi un nuovo album con un altro filo rosso: l’antieroe. Quest’album sarà diverso dagli altri: batteria acustica autentica, chitarre registrate dal vivo senza plugin, insomma un pò come i primissimi Black Sabbath o gruppi Punk, e lo stile sarà un pò un ritorno alle origini, al primo album, rockeggiante e più radiofonico. In verità ho in mente anche una quinta storia conclusiva che uscirà a tempo debito, quanto basti per portarmi avanti con altri progetti esterni alla musica. La mia formula è sempre di avere uno stile diverso per ogni album, sicuramente sarà così finché non sentirò di aver detto tutto quello che avevo da dire.
In cosa cerchi di differenziarti rispetto alla miriade di band che suonano questo genere?
Ripeto, l’obiettivo principale è sempre stato quello di avere uno stile diverso ad ogni album, uno stile chiaramente già esistente e sentito ma personalizzato. Credo che chiunque abbia un progetto o un’attività, dalla musica, al cinema alla ristorazione, debba pensare a delle piccole formule per incuriosire il prossimo, non per mettersi in mostra in maniera becera. Preferisco la banalità al fanatismo, almeno uno ci prova ed è sincero. Chi ha sentito i miei pezzi ha detto che non è niente di nuovo e a me sta bene così, ormai tutto quello che poteva essere suonato o scritto è stato già fatto anni e anni fa. Un mio segno distintivo è di mantenere una certa eco del Metal anni ’80: voci e percussioni riverberanti, chitarre distorte ma con un suono morbido e non tagliente come le chitarre dei Pantera, per dire. Mi piacciono, ma preferisco una chitarra più rockeggiante che esegua dei riff Metal che una chitarra stradistorta che sia sprecata. Ogni album ha gli stessi suoni in tutti i pezzi, mantenendo però il genere. Poi, nell’album successivo, come cambia il genere cambiano anche i suoni. A livello di testi, anche li ci sono tante altre band: misantropia, nichilismo, rabbia e vendetta verso il mondo, la passione per i film horror, il lato oscuro Jekyll/Hyde, il riferimento a certi personaggi come Godzilla e il Joker… Ecco, sto per dire la stronzata dell’intervista, ecco che cosa mi differenzia: se tutti usano il formaggio grattugiato nella pasta io ci metto il pangrattato! Ogni riferimento al vizio della gola, al “Barbecuetioner” è puramente casuale. No, serio… scusate l’idiozia, era giusto per rendere l’idea…
Allo stato attuale, quali sono i tuoi ascolti abituali e consiglieresti ad altri di ascoltare?
So che ci sono molteplici nuove band emergenti anche nell’Underground, che non hanno la stessa fortuna e lo stesso management di chi esce da Amici o X-Factor… persone che portano avanti il Rock, il Metal e le loro diramazioni affinché non vengano dimenticate. Ma io, paradossalmente, non sono un tipo da concerti e band, se proprio non riguardano i gruppi più vicini al mio cuore, anche se li supporto e li rispetto. È una domanda troppo personale e generale allo stesso tempo… io consiglio il Rock, il Blues e il Metal classico che ha dato importanza a questo movimento, quella è la scuola, la base per essere un musicista a tutto tondo. Non c’è genere musicale che non sia debitore al Rock e al Blues, anche se parliamo di generi pessimi come se ne sentono oggi. Il mio consiglio? La musica ti accompagna in ogni tuo momento, felice o triste, sereno o arrabbiato, è la tua migliore amica. Trattala bene!
Come mai hai scelto di formare una one man band e non un gruppo “normale” con altri musicisti?
Non potevo permettermi gente che non si presenta alle prove anche per incidere un album, e poi la voglia di fare tutto da me è più forte di me. Infatti ho fallito in quello che era il mio progetto: non sono riuscito a formare una band. Sono sempre stati tutti presuntuosi e sfaccendati, abbiamo fatto solo un concerto, comunque non all’altezza, e poi sono spariti tutti. E poi non mi piace il modo di trattare noi band indipendenti: i locali non ti pagano, non ti chiamano se non hai il TUO seguito perché gli fa troppo schifo creare un servizio di promozione per il proprio posto, la gente che viene è sempre la stessa… non credo sarà più possibile suonare in grandi tournée come i grandi gruppi del passato, ma se anche fosse non è lo stile di vita che cerco, per ora. Per come la vedo io, il mio luogo ideale per un concerto sarebbe un teatro o una sala cinematografica, un ambiente molto più «intimo» e particolare. Ripeto, io stesso non sono un tipo da concerti e non ascolto molte band indipendenti come la mia, ma sarei pronto ad aggredire senza pietà chiunque abbia loro da ridire. Si, perché in Italia noi musicisti siamo costretti a fare altri lavori anche sottopagati e mortificanti (parlo per esperienza, ho richiesto la disoccupazione apposta perché non ce la stavo facendo più) quando, magari, nel Nord Europa riescono ancora ad avere uno stile di vita dignitoso con la musica, anche insegnando e con una Partita Iva che non ti faccia pagare delle tasse impossibili. Io ho ancora degli amici di cui mi fido, qui a Roma e nel mio vecchio paese in Puglia, per poter fare un piccolo concerto di tanto in tanto, a patto che le condizioni siano giuste. Solo il cielo lo sa, e solo il tempo lo saprà dire.
Siamo ai saluti. Concludi come vuoi!
Anzitutto grazie, ragazzi e ragazze di Raw and Wild, per il tempo e l’interessamento. Una chiacchierata del genere è sempre un piacere! Non prendete per verità assoluta ciò che ho detto finora, è solo il mio punto di vista, fate ciò che vi fa stare bene e che vi faccia evadere da questa giungla di scimmie tonte ma, vi prego: tenetevi stretto chi vi vuole veramente bene e non abbandonatelo per ambizioni inutili che hanno tutti quanti, non lasciate che il cinismo vi porti via l’anima, perché alla fine qualunque cosa stiate facendo per voi stessi, inevitabilmente andrà ad intaccare anche le persone che vi sono vicine. Io non farei musica e non scriverei storie se non fosse per mio zio e per i miei migliori amici, certo lo faccio per me, per il mio ego e anche per esternare tutta la spazzatura che mi sono tenuto dentro troppo tempo, ma lo faccio anche per loro, per tenerli sempre nel mio universo. E anche quando sono stato triste e arrabbiato, inevitabilmente quelle sensazioni hanno preso anche loro, e di questo ne sono tuttora estremamente dispiaciuto. Per quanto la colpa possa essere stata di gente maledetta che mi abbia ingannato e a cui non importa di aver aggiunto altra spazzatura al carico, ragazzi non diventate come loro, non pensate solo a voi, ai vostri demoni e al vostri tornaconto.
Qualunque sia il vostro sogno, condividetelo anche con quelli che vi amano, non c’è cosa più bella nell’includere chi ci vuole bene nel nostro piccolo strano mondo. Io non faccio la predica: siete arrabbiati o tristi, volete sfogarvi o tenervi tutto dentro, volete cercare aiuto o risolvere tutto da soli? A volte sono percorsi dolorosi necessari e la risposta la potete sapere solo voi… ma non fate cose di cui potreste pentirvi, per favore! E soprattutto, come quegli individui hanno fatto con me, non usate un trauma per giustificare un carattere schifoso, non decidete in anticipo di non voler guarire. E per quanto possiate star male, per quanto l’oscurità sia fitta nel vostro cammino, continuate a preferire la VOSTRA felicità alla vendetta. A chi ha fatto del male ci penserà la vita, che poi vogliate esultare o infischiarvene è perfettamente lecito, ma non lasciate che questo schifo vada ad annientare voi e le persone che vogliono starvi vicino. Dico solo ciò che ho vissuto. Siatene convinti! Vi ringrazio tutti, grazie ancora, ci vediamo presto, grazie un’ultima volta e quando le cose sono più difficili, ascoltate le vostre canzoni preferite e ricordate: «Noi siamo Venom!»
Joker