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INTERVISTA A PAUL CHAIN

Di seguito è riportato quello che è stato detto e fatto in poche ore con Paul Chain.

Premetto subito che questa che segue non è un’intervista tradizionale secondo la formula classica domanda-risposta.
L’appuntamento con Paul Chain in quel di Pesaro, si è rivelato quanto più di interessante mi potessi aspettare.

Infatti, nonostante avessi preparato con cura una ventina (!) di domande da esporre al poliedrico musicista, il tutto si è svolto in una tranquilla ed affascinante chiacchierata, senza particolari schemi preordinati; quindi niente domande di quelle che avevo stilato e niente registrazione alcuna della conversazione. Tutto questo per volere dello stesso Paul Chain, che come ho potuto personalmente constatare, fa uso dell’improvvisazione non soltanto con la proprio musica, ma anche con le “situazioni” che egli giornalmente affronta.

Ma andiamo con ordine: innanzitutto è il “padrone di casa” che ci guida nel conoscere gli studi di registrazione siti nella sua abitazione, la nota Day Records, una casa risalente al ‘600 di un centinaio di mq e dove ci vive da una quindicina di anni. Con perizia tecnica e scrupolosa, ci illustra le particolarità di tutto il complesso di registrazione.

Ogni stanza è praticamente uno studio di registrazione di cui una funge da cabina di regia per il prodotto finale

Il discorso si sofferma sul fatto che lui è verosimilmente autodidatta, da lì il racconto della sua infanzia e quindi della sua crescita artistica.

Ho voluto imparare a suonare da solo poichè non ho mai avuto voglia di studiare. Frequentando da ragazzino il conservatorio, convinto dai miei genitori, capii che la cosa non faceva per me (a parte che poi andavano avanti solo i raccomandati…), così decisi di abbandonare gli studi dopo soli due anni di solfeggio, nonostante ero considerato un bambino prodigio dotato di naturale senso di apprendimento verso lo strumento. In un certo senso, è da quando sono nato che ho avuto a che fare con la musica; mio padre suonava la fisarmonica, mio zio la chitarra e poi all’età di sei anni, mio nonno mi regalò una pianola e così cominciai da subito a saperla suonare.
Grazie a mio padre, che ascoltava Le Orme, e a mio zio, i Pink Floyd, conobbi due grandi gruppi che mi influenzarono non poco.
Successivamente iniziai a suonare la batteria nella sala prove di mio zio, poichè a casa mia madre non me lo permetteva; uno strumento che ho sempre amato e che attualmente non suono più per problemi fisici.
Venivano fuori giù le prime composizioni dedicandomi anche ad imparare la chitarra (regalatami da mia zia) e il basso. Sempre da ragazzino entrai a far parte di alcune bands. Da una in particolare ricordo che fui addirittura cacciato perchè avevo uno stile di suonare la chitarra poco “tradizionale”, e pensare che da lì a poco fondai i Death SS, pensa un po’…

Inevitabilmente il discorso sfocia sulla storica band pesarese, tra passato e presente e sul suo ex amico Steve Sylvester attraverso interessanti dichiarazioni.

I Death SS, nascono nel ’77 come gruppo di “rottura” verso le istituzioni con una forte attitudine punk. All’epoca si viveva la realtà dei Sex Pistols e del punk inglese in generale e ricordo che io, Steve e qualcun altro, eravamo gli unici punk in tutta Pesaro. All’età di 15 anni conobbi Steve, che tra l’altro abitava vicino casa mia; lui conduceva un programma musicale punk in radio e sapevo che era un cantante, così gli proposi l’idea di fondare i Death SS.
L’idea piacque subito a Steve che si occupò delle liriche ed io della musica. Ben presto però lui si dimostrò una persona dalle manie di protagonismo, accollandosi la paternità della band, come se fosse solo sua, mentre io non solo mi occupavo della musica, ma anche delle scenografie live e di scovare musicisti nella zona che andassero bene per il gruppo. Il culmine della vicenda si raggiunse quando apparve il brano “Terror” sulla compilation dell’81 Gathered, dove Steve arrivò a firmare con il suo nome l’unico pezzo dove io, non solo avevo scritto la musica, ma anche il testo!

Di comune accordo con gli altri della band, decisi di allontanarlo, sostituendolo con Sanctis Goram. Steve si trasferì a Firenze e non lo vidi più.

Qualche anno dopo decisi di sciogliere i  Death SS e fondare il Paul Chain Violet Theatre.
Nell’87, dopo notevoli spese, faccio uscire insieme a Marco Melzi della Minotauro Records, “The story of Death SS 1977-1984” che voleva essere una commemorazione ad un gruppo avanguardistico per quegli anni, ma poco dopo Steve, che già sapeva di questa operazione, subito ne approfittò e mise su una bando registrando alla SIAE il marchio “Death SS” a suo nome, facendomi passare solo per il chitarrista degli stessi. Tutto questo successe perchè all’epoca non ritenevo necessario iscrivermi alla SIAE, anche perchè pensavo che Steve fosse scomparso per sempre e invece…

Verso l’inizio degli anno ’90, lui tornò a casa mia chiedendomi scusa e tentando di ricucire il rapporto d’amicizia. Era il periodo dei suoi album solisti. Però ben presto mi accorsi che la sua era soltanto una scusa per sfruttare me e il mio studio di registrazione, così alla fine gli diedi il master di “Mad Messiah” e l’invitai a non tornare più.

A me dispiace, ma il fatto è che lui si è rovinato con il suo presidenzialismo, con le sue stesse mani, portando i Death SS ad un tracollo artistico inevitabile, interessandosi solo del business, del denaro, tralasciando l’arte, che io al contrario ritengo sia più importante senza abbassarmi a cialtronerie di second’ordine come sta facendo Steve ultimamente.

Parole pesanti quelle di Paul, il quale però tiene a precisare che rivendica solo il giusto riconoscimento, sull’intera vicenda e per la sua persona, come artista che va fuori da qualsiasi schema, quel riconoscimento che gli è stato negato anche dalla stampa specializzata e che solo adesso sembra dargli ragione…

… Alla fine non me ne frega niente della sua carriera, ma troppi anni sono passati nel silenzio, senza che ci siano stato i giusti riconoscimenti anche da parte della stampa che ha molte volte censurato le mie dichiarazioni a riguardo e su altri argomenti scottanti, cosa che succede anche oggi. Sarà per questioni di ignoranza, di compiacimenti, di ricatti, ma fatto sta che questo è successo solo in Italia.

In questi anno sono stato all’estero pur rimanendo qui a Pesaro ed è assurdo come un artista debba avere più riconoscimenti oltre confine anzichè nel proprio paese.
Non ultima la mia comparsa (come unico artista italiano) nell’enciclopedia del rock mondiale di Martin Poppof.
Per quanto mi riguarda, continuerò a produrre per lo stato italiano, ma di certo non mi venderò e non starò al gioco meschino delle case discografiche.

Questo è il momento di maggior successo per me e lo voglio sfruttare nel migliore dei modi, dopo anni di problemi personali che mi hanno quasi distrutto psicologicamente e fisicamente. Tuttora non godo di una situazione fisica ottimale, ma la voglia di continuare c’è.

Recriminazioni, accuse pesanti rivolge Paul Chain riguardo allo stato delle cose qui in Italia, che vanno dalla Chiesa al governo, all’industria musicale. Accuse fondate, nate dalle parole di un uomo che ha vissuto esperienze sulla propria pelle. Per noi, inetti burattini � troppo facile nascondersi dietro codardi paraventi, ma c’è da prendere atto che finchè nessuno ne parla, si continuerà a fare il gioco del potere…

La mia attività di produttore artistico, mi permette di stare a contatto e lanciare molte giovani bands, con produzioni che da altre parti costerebbero se non il triplo, il quadruplo. Il consiglio che propongo ai giovani è di guardarsi bene dalle case discografiche, perchè sono lì pronte ad aprirti le porte del successo per poi annientarti artisticamente.

E’ dal dopoguerra che l’Italia è diventata una “colonia” dell’America.
Sono loro che con il loro potere, controllano la crescita e lo sviluppo creativo nel nostro paese; tutto questo perchè hanno capito che senza questo controllo, la questione potrebbe risultare pericolosa per la loro economia e a giudicare dagli ultimi eventi bellici, non solo in campo musicale… (nota di Paul Chain un paio di mesi dopo l’intervista)

Purtroppo questo è un problema che va aldilà delle case discografiche, perchè in Italia vige un potere occulto guidato dai soliti politici e dal Vaticano che impediscono di sviluppare qualsiasi tipo di arte che non porti nessun vantaggio per loro e per le loro tasche.

Personalmente mi ritengo “vittima del sistema culturale italiano”, poichè non sono mai stato tutelato come artista poliedrico, musicista, scultore e pittore. Non cerco soldi o gratificazioni, ma solo essere considerato. Questi sono argomenti che nessuno vuole affrontare, forse per paura, forse perchè fa comodo. Mi potrebbero considerare un anarchico per quello che faccio e che dico, ma io vado oltre l’anarchia, infatti io non mi autodefinisco. E’ difficile per uno come me sopravvivere andando sempre fuori dagli schemi…

Sono un pacifista, credo nella pace non solo terrena, ma cosmica, universale, benchè dicendo questo non voglio passare per un profeta, un mago, un messia o chissà cosa, sono solo un artista, in continua evoluzione, e l’evoluzione è stata alla base della mia crescita, poi da quando nel ’98 ho creato il container system e con l’arte dell’improvvisazione posso sfuggire al facile business musicale che rende sterile ogni cosa.

Nel frattempo assistiamo ad alcune fasi di missaggio del debut-album dei Crow Heads, nuova band da aggiungere alla lunga lista delle produzioni artistiche di Paul, mentre lo sguardo scruta tra le varie cose conservate in studio: una cartolina scritta e spedita da Lee Dorrian. Ovviamente le domande sul singer dei Cathedral nascono spontanee…

Abbiamo appena firmato un nuovo contratto con l’AFM rec. (Edguy, Squaler, Paradox, etc…) e faremo uscire l’album per il nostro ven

Si, con Lee Dorrian ci sarà un’altra collaborazione, faremo qualcosa di nuovo insieme. La sua voce su “Alkahest” è incredibile ed è risultata a livello di produzione, migliore rispetto ai suoi albums con i Cathedral. E’ rimasto molto soddisfatto di quel lavoro. “Alkahest” uscì per la Godhead, una sotto etichetta della Flyer Rec., casa discografica dedita alla musica dance, da discoteca. Curai nei minimi dettagli la registrazione, che mi è venuta a costare meno di 10 milioni nel mio studio, mentre da altre parti se ne sarebbero versati almeno 50.
Effettivamente quell’album poteva vendere molto di più se la stessa Flying non fosse di lì a poco fallita. Poi tra l’altro nacquero delle accese discussioni tra me e i tecnici della label sui missaggi sui nastri DAT che poi si sono conclusi a mio favore. Preferisco lavorare con piccole etichette indipendenti, nonostante abbia ricevuto proposte da importanti case discografiche.

A questo punto Paul, mostrandoci il suo archivio, ci fa un resoconto su gli attuali lavori e quelli futuri, che si prospettano impegnativi sia per lui, sia per le vario labels e per i suoi fans…

Attualmente sono impegnato su più fronti. In questi mesi è uscito il 7’’ “Solitude Man” per la Beyond Prod. sotto il moniker “Paul Chain”, che vuole significare in un certo senso la continuazione dei Violet Theatre, con, diciamo le tipiche sonorità doom. Poi è uscito “Sign from Space”, uscito per la Beard of Stars con il moniker P.C. The Improvisor, che è musica totalmente improvvisata e si rifà diciamo a quello che proponevano gli Hawkwind; mentre l’ultima uscita è “Master of All Times”, su Andromeda Rec., sempre con P.C. The Improvisor, tendente al progressive anni ‘60-’70 con l’uso di strumenti quali il flauto e il violino.
Ed infine ci sono i progetti per il moniker P.C. Experimental Information (su LM rec.), in cui collaboro con musicisti di altre bands tipo gli Ojm o i Pelican Milk, in cui sperimentiamo soluzioni musicali di svariati generi. Non dimentichiamo poi che è uscito per l’americana Southern Lord, lo split 7’’ con gli Internal Void, “Full Moon Improvisation”.

Per il futuro c’è la partecipazione ad un tributo ai Saint Vitus con il brano “Let The End Begin” per l’etichetta Raven Moon Rec. e per la Black Widow Rec., un tributo particolare in cui molti gruppi reinterpretano i brani risalenti alla prima formazione dei Death SS. Un’altro 7′, “Sanctuary Eve” per al Beyond prod. oltre alle continuazioni di “Sign From Space” e “Master of All Times”.

Ad una mia domanda personale, mi conferma che in futuro saranno messi su cd, le mitiche e rare “Relative Tapes”, che usciranno con tutta probabilità per la storica Minotauro Rec.; mentre sulla possibilità di pubblicare un video ufficiale, c’è già l’idea, ma non si sa ancora come e quando uscirà.

Per la cronaca il nostro incontro, si conclude con una jam-session, ovviamente improvvisata, tra Paul Chain alla chitarra e Francesco Rinaldi alias “Baron Frankenheimer” al basso: per l’arte dell’improvvisazione non si perde tempo…

Contact
http://web.tiscalinet.it/paulchain
paul.chain@libero.it

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