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FIRE TRAILS – Third Moon (Valery records – 2005)

Con Third Moon i Fire Trails non solo tornano “on the road” dopo due anni con un album sorprendentemente bello, ma forniscono anche una chiara e precisa risposta a tutti coloro che ipotizzavano un secondo atto del “Vanadium tribute” o comunque in una nuova stretta correlazione con la band meneghina; eh no, perchè il verace singer Pino Scotto aveva ribadito a più riprese che i Fire Trails erano e sono “un’altra band” e che il discorso del tributo era un atto più che dovuto ad un importante pezzo di storia dell’hard’n’heavy italiano, ma la questione in ogni modo finiva lì…

Chiusa quindi la parentesi Vanadium, l’attenzione si sposta giustamente su Third Moon, album di cui ho già espresso un confortevole parere in apertura di recensione, ma che altresì, offre ricchi spunti d’interesse a cominciare dal concept di fondo, il quale possibilmente andremo ad approfondire in sede di intervista, mentre altre novità provengono da una line-up riveduta in alcune sue componenti; infatti ad affiancare la ormai consolidata coppia Scotto-Anghartal, troviamo Frank Coppolino al basso (una riconferma per lui dopo il rodaggio effettuato nella scorsa tournee), l’ex R.A.F. Mario Riso alla batteria e Larsen Premoli alle tastiere.

Sul versante prettamente musicale, l’album si articola su undici brani marchiati a fuoco da un hard rock ruvido e sanguigno, anche se, quasi a sorpresa vengono allo scoperto tratteggi epici e teatrali seguiti da lievi passaggi di un progressive dal sapore “vintage”, il tutto in una visione aggiornata dei suoni ed ovviamente della produzione. Da sottolineare poi la raffinatezza dei solos guitar di Anghartal a conferma di essere musicista di talento e i duetti chitarra-tastiere che rievocano verosimilmente le scorribande firmate Blackmore-Lord.

Il brano d’apertura, ovvero la title-track, si fa notare per la sua andatura imponente, incalzante ed il suo refrain bello e quanto mai memorizzabile, semplice nella sua struttura. A seguire, il ritmo tribale di percussioni, ci introduce a “Spaces And Sleeping Stones”, dove robuste chitarre imperversano su liriche che inneggiano alla infinita fede per il rock’n’roll; e altro non poteva essere. “Fighter” si aggiudica la palma di brano di maggiore impatto (alla pari della irresistibile “Freedom Tribes”), tirato su da ritmi sostenuti che mettono a dura prova l’ugola del vocalist, il quale a sua volta ne esce alla grande nell’impresa.

Con un breve salto sulle pur valide “Brave Heart” e “God Of Souls”, meraviglia invece “Sailor And Mermaid” ovvero la traccia dal minutaggio maggiore, dalle caratteristiche più complesse e che forse la mette un gradino sopra le altre per teatralità epica, melodia, capacità di esecuzione notevoli ed ottimo arrangiamento: direi il fulcro dell’album. Quasi inaspettato (ma forse neanche tanto per le caratteristiche del lavoro) lo strumentale “Reaching For The Sky”, mentre “Silent Herpes” ci riporta su sonorità standard hard rock e ritornello orecchiabile. “Stronghold” è il giusto compromesso tra il granitico riffing e la raffinatezza di assoli; si gioca molto in tal senso su questo contrasto in questo lavoro, mentre “Wise Man Tale” è il prevedibile finale, toccante nella sua interpretazione: notevole come pezzo.

Le conclusioni portano a dover affermare come Third Moon sia un album “sentito e passionale” e sotto certi aspetti ambizioso, anche se stilisticamente offra ben poco di innovativo, ma straordinariamente ben fatto.
Complimenti.

Roberto Pasqua

7.0

Voto

Pros

  • +

Cons

  • -
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