
Prodotti da Anders Friden, con relativa registrazione allo studio dello stesso, il cd mette subito in mostra la restrizione che la Roadrunner ha applicato al cd, spezzettando le tracce in tanti piccoli frammenti.
Risultato: si ascolta un cd senza più facoltà di selezionare i brani secondo una scaletta precisa… un disastro. Non è assolutamente un commento per non sentire più il cd dei Caliban, anzi, siamo al cospetto di un ottimo lavoro; è semplicemente una critica a questa ennesima trovata per cercare di combattere la pirateria, in una guerra dove le copie ci sono, ci saranno e non moriranno mai… Comunque quà di tracce ne sono presenti 12 (con tutti i frammenti uniti), e i Caliban, ribadiscono la loro attitudine al death-melodico con brani diretti ma, al tempo stesso, dotati di un atmosfera personale e misteriosa. “It’s Our Burden to Bleed” è la canzone principe per studiare il gruppo tedesco, dove i riff di Denis Schmidt e Marc Gortz macinano note su note, intersecando melodie enigmatiche.
La cadenzata “Nothing is Forever”, scandisce le parole Andy Corner in un muro di partiture martellanti. La tecnica non indifferente del quintetto ribadisce la maturità che con il corso del tempo è servita alla band per scrivere pezzi come “No More 2nd Chances” o “I Refuse to Keep on Living…”, mescolando funeste partiture ad altre più sofisticate.
Il death moderno cerca spiraglio in questo connubio, e molte band come Caliban cercano di farsi spazio nel campo, imperversando sulle melodie pacate e misteriose. The Undying è un buon album, e si fa largo tra le nuove uscite metal di questo periodo, sottolineando con il pezzo “Room of Nowhere”, la performance nel distanziare accordi serrati e altri meno veloci, abusata da molti gruppi dello stesso genere, in questo stesso periodo.
Ignis fatuus