A volte ritornano anche loro: i Brodequin. Gli avevo lasciati qualche mese fa ad “Instruments of torture” e li trovo adesso con questo “Festival of death”. Non è cambiato molto.
La miscela è sempre la stessa: tempi rabbiosi, chitarre simili a motoseghe tipo “Non aprite quella porta” e gorgoglii da lavandino.
Le liriche risultano, per una volta almeno un bel po’ distanti dal classico gore o dai vomiti ed altre putrescente varie: pare che i Brodequin abbiano, o può anche sembrare che mi sbaglio, una propensione a scrivere testi molto incentrati sui costumi corrotti della chiesa e sui metodi inquisitori che la resero tristemente celebre nei secoli passati.
Comunque a prescindere da questo la rabbia e la furia dei Brodequin è sempre la stessa, quindi rimaniamo nella norma del brutal.
BF