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:: NO MERCY FESTIVAL - 21 Marzo 2005 - ALPHEUS
Wykked Witch � Cataract � Dying Fetus � Disbelief � Nile � Six Feet Under


Sbarca cos� per la prima volta nella capitale il carrozzone sanguinario che da qualche anno a questa parte assedia per una data il suolo italiano: il No Mercy Festival. Grazie all�ottima organizzazione della Get Smart e soprattutto della Kick Agency si � potuto assistere ad uno show di qualit� senza sbavature e disagi (se si esclude la defezione dell�ultimo minuto dei Dark Funeral per il resto delle date in programma). L�Alpheus (ormai gi� rodato per eventi di questa portata) accoglie al meglio il manipolo di deathsters accorsi da svariate parti d�italia, specialmente dal centro-sud.

Si parte subito come da programma con i Wikked Witch che tornano all�Alpheus dopo circa 2 mesi dal concerto di spalla ai Carpathian Forest; il combo � capitanato da una cantante cazzuta e nerboruta che sicuro sa come scaldare il pubblico e come tenere il palco. I WW ricordano un po� la band di Dani Filth e soci con un death-black potente e deciso con inserti di synth. Di certo raggiungono l�obiettivo di animare i presenti che sono giunti qui soprattutto per i gruppi successivi. Sono le 20 quando sul palco salgono gli svizzeri Cataract, giunti al loro 3� full length �With triumph comes loss�, che sul palco romano portano energia pura metalcore, anche grazie al frontman Fredi che non risparmia incitamenti al pubblico presente. Pogo violento e continuo�tutto ci� che serve in un festival simile�obiettivo raggiunto! Dopo tre quarti d�ora � il turno dei Dying Fetus, ormai un�icona nel panorama brutal-death americano. I quattro gettano secchiate di pura violenza gratuita sui presenti, molti dei quali accorsi espressamente per loro.

La precisione del sound � evidente e sottolinea ancora di pi� la potenza di questo rullo compressore. Il front-man John Gallagher si esibisce in una prova impeccabile con un growl perfetto, assieme ad un�ottima prova alla chitarra, sia ritmica che solista (da notare le parti all�unisono con l�altro chitarrista, Mike Kimball), mentre Sean Beasley al basso mantiene un continuo tappeto ritmico, alternando parti cantate. Il pubblico richiede a gran voce pezzi storici come �Praise the Lord�, �Epidemic of Hate� e �kill your mother�� e i Dying Fetus li accontentano offrendo uno show �Senza Piet�,come del resto il titolo del festival impone. C�� tempo anche per offrire in anteprima una canzone del prossimo album che come da copione manda tutti a tappeto. A mio parere vittoria dei D.F. per KO tecnico, ottima impressione anche del nuovo materiale. Tocca ai tedeschi Disbelief rallentare i ritmi della serata offrendo un death di nuovo stampo (quel filone preso dagli In Flames insomma) con momenti profondi e densi di atmosfere cupe. Certamente � il chitarrista Oliver Renz ad incitare pi� del cantante il pubblico, che sembra accogliere con partecipazione (ma anche con un po� di indifferenza da parte di qualcuno) il combo meno extreme della serata. Si susseguono pezzi tratti sia dall�ultimo album �66sick� ,da cui estraggono Sick, brano con cui aprono le danze, che dai precendenti, mantenendo comunque sempre alto il ritmo. Karsten J�ger offre una prova convincente al microfono alternando momenti in cui sfodera un incisivo growl ad altri nei quali la sua voce si fa pi� espressiva e carica di pathos. L�atmosfera si surriscalda quando sul palco sale Karl Sanders (accolto da un�ovazione) a sistemare tutta la sua strumentazione. Al biondo chitarrista segue Gorge Kollias, il batterista greco chiamato a sostituire dietro le pelli quel mostro di Tony Laureano, che gi� dal drumcheck fa vedere ci� di cui � capace, facendo impazzire i metal-kids assiepati ed ipnotizzati dietro alle transenne della prima fila.

Comincia cos� lo show dei Nile che porta una ventata di violenza e brutalit�. Gli americani non lasciano scampo ai presenti fornendo un�ottima prova tecnica che dal punto di vista musicale non lascia nulla da dire. Le tre gole vomitano orrore e guerra, narrando storie di migliaia di anni fa tra le sabbie egizie. Sanders e Dallas Toler Wade guidano l�armata alla conquista del suolo romano, servendosi dell�incredibile Kollias (che sembra non far rimpiangere affatto il suo predecessore) e del giovanissimo (nemmeno ventenne) Joe Payne che sfodera una notevole prova al basso, picchiando e correndo sulle corde con una forte presenza scenica nonostante la sua et�. Insomma, una macchina perfetta nonostante le ultime due sostituzioni alla colonna portante ritmica. I pezzi che si susseguono sono pescati dai lavori precedenti; a �Smashing the Antiu�, �Sarcophagus� e la celebre �Black seeds of Vengeance� vengono alternate a due canzoni estratte dal nuovo �Annihilation of the Wicked� dalle quali traspare pi� o meno lo stesso stile e sound dei precendenti. Un mastodontico (anche dal punto di vista fisico) Sanders si destreggia tra pc, synth e mille pedali per mille effettivi di atmosfera ed in pi� si esibisce in pose degne forse pi� di Malmsteen che di un chitarrista death (del guitar-hero anche i volumi forse troppo alti rispetto agli altri strumenti, specie in occasione di solo), per il resto gran professionalit� di tutti e gran cuore, specie di Toler Wade che � l�anti-rockstar e sembra impegnarsi per concedere uno spettacolo degno ai tanti fans arrivati all�Alpheus solo per loro.

Sulle note di �Khetti satha shemsu� si chiude la prova dei Nile lasciando grande soddisfazione tra i presenti per una prova assolutamente maiuscola. Probabilmente tanta voglia di suonare e far divertire non ce l�hanno i Six Feet Under, che si presentano sul palco con scarsa motivazione. Il groove offerto dai 4 � coinvolgente ma non troppo, si percepisce il distacco e la freddezza della prova fornita; tutto termina dopo soli 45 minuti, un po� poco per gli headliner che salutano e spariscono dietro il palco tra lo stupore del pubblico che si aspettava da un momento all�altro il rientro del gruppo, rimanendo invece deluso dai roadies che cominciano a smontare� La prova fornita da Barnes e soci � musicalmente impeccabile (se si eccettua la voce del vecchio Chris che in pi� di una occasione ha lasciato perplesso il sottoscritto), ma dal punto di vista della professionalit� e dell�attaccamento ai fans lascia molto a desiderare� ma del resto Barnes i suoi soldi ce li ha, cosa vuole di pi�� no? Mah� Nonostante la defezione dei Dark Funeral e la prova deludente dei Six Feet Under, il No Mercy si � rivelato un successo e penso sia stato certamente merito delle band e dell�organizzazione, precisa e puntuale come mai. Sicuramente l�organizzare il festival a Roma ha permesso a tanti ragazzi del centro-sud di raggiungere il concerto con pi� facilit� e anche (diciamoci la verit�) in maniera molto meno dispendiosa.

Angelo Talia

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