:: Intervista ai Dead Venus
L'entusiasmo di Daniele per i Dead Venus, la nuova creatura musicale di Seraina
Telli, era già percepibile dalla sua trionfale recensione del loro debut “Bird of
Paradise”. Vi lasciamo dunque alla chiacchierata tra il nostro collaboratore e la
singer svizzera, che parla della sua nuova creatura e della sua concezione del
progressive rock, pur senza rinnegare i suoi trascorsi...
Ciao Seraina, benvenuta su Raw & Wild. Consideri i Dead Venus come una sorta di
one-woman-band o un vero e proprio gruppo?
Ciao Daniele, sono felice di essere tra queste pagine, e colgo l'occasione di ringraziarti
ancora una volta per l'ottima recensione del nostro disco di debutto! I Dead Venus sono
una band vera e propria: all'inizio sono nati come progetto solista, ma non c'è mai stata
l'intenzione di farne una one woman band. Poi, ho iniziato a cercare le persone giuste con
cui suonare; Mike Malloth (batteria) ha risposto alla mia chiamata e mi ha consigliato il
bassista Andre Gaertner... ecco dunque il trio al completo!
La voglia di comporre e trascrivere in musica questo arcobaleno di emozioni deriva
dal fatto che in qualche maniera ti sei liberata da una sorta di prigione musicale
costituita dal tuo gruppo precedente?
I brani del disco sono stati scritti mentre ero ancora in un gruppo heavy metal [le Burning
Witches, ndr] e persino prima. In realtà credo che il pezzo “Redemptionless” sia stato
addirittura scritto nel 2014! In ogni caso, è tutta questione di equilibrio, perché con i Dead
Venus faccio semplicemente quello che mi piace e gli altri ragazzi fanno la loro parte. Tutti
noi siamo molto legati alla musica e amiamo sperimentare e lasciare che le cose si
sviluppino. Il processo compositivo dell'heavy metal è qualcosa di completamente diverso,
ma ovviamente ha anch'esso il suo fascino. In sostanza, credo che per essere davvero
creativi non bisogna porsi limiti: la cosa più sorprendente è osservare quello che succede
quando suoni e basta, senza porti dei paletti.
Sei stata un'insegnante di canto per bambini... dai ancora lezioni? Cosa significa
insegnare ai bambini nelle scuole canzoni tipo “Holy Diver” o “Leather Rebel” dei
Judas Priest, vista (forse) la non facile assimilazione di dinamiche musicali? E
soprattutto, che cosa ti ha lasciato come esperienza?
Sì, insegno ancora, sia ai piccoli che ai grandi. È molto bello sentire i bambini cantare una
musica così potente, pur non essendo cresciuti con essa – semplicemente, cantano e la
amano. Ecco... questa è la passione, ed è la cosa più importante nella musica.
Dall’ascolto dell’album si evince che la tua cultura musicale assimila diversi stili –
AOR, goth, classic metal, ecc. Quali sono i tuoi gusti preferiti o le band che ti hanno
ispirato?
Sono sempre stata affascinata dalla follia creativa di musicisti e artisti; non a caso, i miei
primi eroi sono stati Marilyn Manson, Björk, Alice Cooper, Him e i Rammstein. Poi ho
scoperto l'heavy metal: i miei preferiti sono Dio e i Judas Priest, ma anche alcune band
progressive metal come gli Opeth e i Pain of Salvation. Per molto tempo ho pensato che
avrei dovuto scegliere un genere musicale ben preciso, ma non l'ho mai fatto; il mio
obiettivo è quello di mettere insieme tutte queste cose, e questo è il motivo per cui suono
progressive rock: questo genere di musica non conosce limiti, tranne per il fatto che in
esso il concetto stesso di musicalità non debba mai andare perduto, nonostante l'alto
livello tecnico richiesto.
Scrivere un disco hard rock di livello eccelso come il tuo esordio, senza l’ausilio di
chitarre compresse, iper prodotte e solitamente aiutate da vari sistemi software,
potrebbe essere visto come una mosca bianca all’interno di questo panorama
inflazionato dalla modernità. Che ne pensi?
Esatto, credo che “Bird of Paradise” sia assolutamente fuori norma nel panorama del rock,
come ad esempio potrebbe esserlo una band heavy metal senza chitarra distorta...
sarebbe sicuramente qualcosa di speciale! Tuttavia, come dicevo nella risposta
precedente, è il progressive rock a consentire di attraversare i confini tra i generi, quindi
credo che il tutto si adatti bene. Di sicuro non vogliamo porci dei limiti in fase di
composizione ed esecuzione, quindi... credo che potrete sentire anche una chitarra
elettrica nel prossimo album!
Ho trovato il disco deliziosamente soffice, ma molto conturbante e variegato. Cosa
vuoi trasmettere con questa similitudine agrodolce?
Grazie per la definizione! Vedo “Bird of Paradise” come una raccolta di esperienze quali il
dolore, la paura, il coraggio e l'amore sconfinato per la musica, con un messaggio ben
preciso: restate fedeli a voi stessi e non lasciate che nessuno vi dica quello che si può fare
e quello che non si può fare. Il concetto espresso nella title track, “It's in your heart my
friend – in your soul, I know, you will find the colors of the world”, rappresenta appunto il
significato principale dell'album.
“Human Nature” è per il sottoscritto un’autentica perla, un gioiellino AOR con forti
rimandi alle Heart. Di contro, ci sono canzoni con un irrobustimento del sound che
rimanda ad effetti operistici simil Savatage. Questo saliscendi musicale è studiato a
tavolino o è casuale?
È un po' la combinazione dei due approcci, in costante evoluzione. All'inizio c'è un'idea,
poi ci lavoro su cercando di farlo anche su basi teoriche, poi viene fuori l'idea successiva e
così via...
Parlami della ballata intimista “Dear God”. Che rapporto hai con la religione?
“Dear God” non parla tanto di religione, quanto di come la gente si serva della fede degli
altri per arricchirsi e trarne dei vantaggi personali. Se leggi il testo attentamente, scoprirai
che non ha alcun senso... parlo con un “Dio” che non è lì ad ascoltarmi, e non c'è nessuno
con cui prendersela. È proprio questo il dilemma del pezzo, che si rivolge a chiunque
tragga vantaggio dalle paure degli altri di proposito, e lo faccia nel modo peggiore
possibile. Parlo di chi conduce le guerre di religione e lo fa per i soldi e per il potere, parlo
di chi fomenta l'odio e il razzismo, nonché di quelli che abusano dei bambini che sono a
loro affidati, e questi solo solo alcuni esempi...
Domanda d'obbligo, visti i tuoi trascorsi con le Burning Witches: quella dalla band è
stata una separazione consensuale? Hai ancora contatti con alcune di loro? C'è la
possibilità di qualche collaborazione futura, o di qualche ospitata?
No, sì, no e no [più chiara di così... ndr].
Come siete riusciti a organizzare il lavoro in questi mesi di pandemia e lockdown?
Naturalmente, i nostri piani sono stati scombinati: molti concerti sono stati rimandati o
addirittura cancellati. Non è facile organizzare qualcosa, e temo che le cose non
miglioreranno, almeno fino all'anno prossimo. Tuttavia, pur senza la possibilità di suonare
dal vivo siamo almeno riusciti a dedicarci alla pre-produzione del secondo album dei Dead
Venus, ai video, al marketing per la band e ad altre cose. Quindi... non siamo stati con le
mani in mano e non ci stiamo affatto annoiando (ride, nda)!
Progetti futuri? Una discesa italica? Le ultime parole sono per te...
Suonare in Italia sarebbe fantastico! Mica riesci a organizzarci un tour? [vai Daniele, è il
tuo momento... ndr]. Ehi, mi piacerebbe ringraziare i vostri lettori! Cercateci su Spotify,
YouTube, Facebook, Instagram, ecc., e contattateci se volete ordinare il nostro album su
CD o su doppio LP. Grazie mille per l'intervista, Daniele! Alla grande! Speriamo di vederti
presto, magari a un concerto! Ciao da Seraina!
Daniele Mugnai
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